Mese: Luglio 2021

Casa, come è cambiata dopo la pandemia

La propria abitazione è sempre di più il baricentro della vita degli italiani: a decretarlo è Casa Doxa, l’Osservatorio nazionale sugli italiani e la casa di BVA Doxa relativamente ai principali cambiamenti in atto nella società, realizzato tra aprile e maggio 2021 intervistando online oltre 7 mila famiglie del Belpaese. Non solo: le lunghe settimane trascorse fra le quattro mura hanno fatto ripensare anche il concetto di casa stessa, che oggi deve essere dimora, ufficio, giardino, palestra e molte altre funzioni ancora. Tanto che sono in aumento le persone che si dichiarano pronte a trasferirsi in una nuova soluzione, più vicina ai desiderata attuali.

Trasloco per 2 milioni di italiani?

Probabilmente la pandemia porterà anche un ritrovata vivacità al mercato immobiliare, se è vero – come riporta l’Osservatorio – che sono ben 2 milioni in più gli italiani in cerca di una nuova casa nel 2021. Messi a dura prova dall’esperienza dell’emergenza sanitaria, sono sempre di più gli italiani che intendono cambiare casa entro i prossimi 4 anni: nel 2019 la percentuale toccava quota 22%, oggi si arriva la 26%  di individui pronti a traslocare. Il lockdown è il fattore alla base di questo desiderio: il 53% di chi ha intenzione di cambiare casa nel prossimo quadriennio dichiara infatti che l’esperienza delle chiusure che si sono alternate per tutto il 2020 e l’inizio del 2021 ha contribuito ad alimentare questa volontà.

I must have della casa perfetta

Oltre ad aver dato uno scossone a tutti gli aspetti della nostra esistenza, la pandemia ha pure “riorientato anche le priorità e i criteri di valutazione da considerare quando si è alla ricerca di una nuova abitazione. Costretti in casa per diversi mesi, gli italiani ora reclamano soprattutto spazi all’aperto e aree verdi dove poter vivere a contatto con la natura. Così, a balzare in testa nella classifica dei “must-have” per le nuove case spiccano giardini e terrazzi (67%, +9% rispetto al 2019) e la presenza del verde a pochi minuti di cammino (65%, con un incremento del 17% sul 2019)” spiega il rapporto. Ma anche rapporti di vicinato cordiali e piacevoli sono un plus per 3 italiani su 5, che forse hanno sofferto di solitudine durante le chiusure.

Cosa è cambiato con lo smartworking

Il lavoro a distanza, per molti diventato una prassi quotidiana, ha sconvolto altre caratteristiche della casa perfetta. Oggi, infatti, non è più fondamentale trovare un’abitazione vicina al luogo di lavoro (nel 2021 è molto importante per il 45% dei rispondenti, con valori in drastico calo rispetto agli anni passati), mentre restano importanti (anche se meno vitali) la vicinanza ai trasporti pubblici (55%) e la presenza di un garage o di un posto auto (65%).

Negli ultimi 20 anni più tasse per 166 miliardi

Negli ultimi 20 anni le entrate tributarie in Italia sono aumentate di 166 miliardi di euro. Se nel 2000 l’erario e gli enti locali avevano incassato 350,5 miliardi di euro, nel 2019 il gettito è salito a 516,6 miliardi. In termini percentuali, la crescita in questo ventennio è stata del 47,4%, 3,5 punti in più rispetto all’aumento registrato sempre nello stesso arco temporale dal Pil nazionale (+44,2%. L’inflazione, sempre in questo arco temporale, è aumentata del 37%, 10 punti in meno rispetto alla crescita percentuale del gettito. Qualcuno può affermare che con 166 miliardi di entrate in più la nostra macchina pubblica ha funzionato meglio e i contribuenti italiani hanno ricevuto più servizi, oppure questo prelievo aggiuntivo li ha impoveriti, contribuendo a non far crescere il Paese? L’Ufficio studi della CGIA non ha dubbi, e propende senza esitazioni per la seconda ipotesi.

Quarti al mondo per peso delle tasse

Anche se provvisori, gli ultimi dati statistici dell’OECD 3, club che racchiude i 37 Paesi più industrializzati al mondo, ci dicono che dopo la Danimarca (46,3% del Pil), la Francia (45,4%), Belgio e Svezia (entrambe al 42,9%), l’Italia è al 4° posto a pari merito con l’Austria (42,4%) per incidenza della pressione fiscale sul Pil. Se ci confrontiamo con i nostri principali competitor commerciali, solo la Francia sta peggio di noi (i transalpini registrano un carico fiscale complessivo superiore al nostro di 3,2 punti). La Germania, invece, presenta una pressione fiscale inferiore alla nostra di 3,6, la Spagna di 7,8 e il Regno Unito addirittura di 9,4 punti.

Se siamo la settima economia del mondo lo dobbiamo alle prestazioni delle Pmi

Al di là dell’Atlantico, invece, gli USA contano quasi 18 lunghezze di peso fiscale inferiore a quello italiano, mentre la media dei Paesi OECD è inferiore alla nostra di 8,6 punti. Ora, se siamo saldamente la settima economia del mondo, questo risultato non lo dobbiamo certo alle performance della nostra Pubblica Amministrazione, che mediamente funziona poco e male, nemmeno al ruolo delle grandi imprese, che nel nostro Paese si contano sulle dita delle mani, ma alle prestazioni delle nostre Pmi. Anche per questo, assieme ai propri lavoratori, meritano una tassazione più giusta, più equa e più leggera.

Partite Iva, abolire il sistema saldo/acconto

Oltre a tagliare le tasse attraverso il federalismo fiscale, per il popolo delle partite Iva è necessario eliminare da subito l’attuale sistema degli acconti e dei saldi, consentendo alle aziende di pagare le tasse solo su quanto hanno effettivamente incassato. Un’operazione trasparenza che consentirebbe di passare da un sistema di prelievo sugli incassi presunti a uno sugli incassi effettivi, eliminando non solo il sistema del saldo e acconto, ma pure la formazione di crediti fiscali e la conseguente attesa, da parte delle aziende, dei rimborsi fiscali che spesso arrivano con ritardi ingiustificabili.

Gli italiani tornano a richiedere prestiti: volumi a livelli pre Covid

Nell’ultimo periodo, insieme al ritorno graduale alla normalità, gli italiani hanno ricominciato  pensare a piccoli investimenti concedersi qualche extra. E così sono ritornati a richiedere prestiti, tanto che i valori hanno raggiunto le stesse cifre registrate pre-Covid. A scattare la fotografia dei nostri connazionali rispetto all’andamento dei prestiti è il Sistema di Informazioni Creditizie gestite da CRIF, che rivela come nel primo semestre 2021 le richieste di prestiti da parte delle famiglie siano aumentate del 25,6% rispetto allo stesso periodo del 2020. Registrano un andamento positivo sia sia i prestiti personali (+10,0%) sia i prestiti finalizzati (+38,4%). Solo nel mese di giugno, le richieste hanno fatto segnare un vero e proprio balzo in avanti: le istruttorie registrate sul Sistema sono complessivamente aumentate del +9,2%. A spingere questo deciso rimbalzo sono stati sia i prestiti finalizzati all’acquisto di beni e servizi, che nell’ultimo mese di osservazione hanno fatto segnare un +8,0%, che i prestiti personali, cresciuti del +11,1%.

Un segnale del clima di fiducia

“La positiva performance delle richieste di prestiti da parte delle famiglie va letta come un naturale rimbalzo rispetto al corrispondente periodo del 2020, fortemente condizionato dall’esplosione dell’emergenza pandemica, sostenuto anche da un migliorato clima di fiducia e dal consolidamento della ripresa economica. Per il prosieguo dell’anno ci attendiamo un ulteriore consolidamento della domanda di credito ma le politiche di erogazione potrebbero farsi più selettive a fronte dell’atteso peggioramento della rischiosità del comparto nel momento in cui gli interventi straordinari e le misure di sostegno alle famiglie dovessero essere sospese” ha commentato l’andamento Simone Capecchi, Executive Director di CRIF. 

Aumenta l’importo medio richiesto: 9.536 euro
In questo contesto, è cresciuto anche l’importo medio richiesto, che si attesta a 9.536 euro (+2,8% rispetto al 2020), sebbene proprio a giungo si sia rilevata una leggera flessione (8.875 Euro, -1,7%). Circa le meta delle richieste, però (per la precisione il 47,9%) si riferisce a importi inferiori ai 5.000  euro.

Un quarto delle richieste arriva dagli under 35

Per quanto riguarda la durata dei prestiti richiesti dalle famiglie nel loro complesso, il 19,6% del totale prevede un piano di rimborso fra i 2 e i 3 anni, contro un 24,4% che va oltre i 5 anni, privilegiando soluzioni che pesino il meno possibile sul reddito familiare. C’è anche un altro aspetto interessante da considerare, relativo alla fascia di età che maggiormente richiede questo tipo di finanziamento. Si conferma infatti che gli italiani fra il i 45 e 54 anni sono quelli che maggiormente richiedono un prestito (rappresentano infatti il 25,3% del totale delle domande), ma cresce anche la percentuale degli under 35, che oggi raggiungono il 23% del totale.