Cosa cambia in busta paga a gennaio 2024 con la rivoluzione tasse?

Dopo il via libera ai primi due decreti legislativi su Irpef, Ires e tassazione internazionale, sono attesi entro fine anno i decreti ‘a costo zero’ sul concordato preventivo e la cooperative compliance.

Si tratta delle prime misure, operative da gennaio 2024, della rivoluzione fiscale vergata dal vice ministro dell’Economia Maurizio Leo, che comprendono appunto anche la revisione dell’Irpef e il taglio delle tasse sul lavoro con effetto sulla busta paga.
Una ‘rivoluzione delle tasse’ pensata per semplificare il sistema, snellire le procedure e migliorare il rapporto con il contribuente, attivando un circolo virtuoso per la riduzione della pressione fiscale.

Aliquote Irpef passano a tre in vista della flat tax

Per il solo 2024 vengono aggiornati scaglioni e aliquote Irpef passando da quattro a tre in vista della flat tax per tutti. Il beneficio massimo corrisponde a 260 euro netti l’anno.
La soglia della no tax area per i lavoratori dipendenti sale da 8.145 a 8.500, equiparandola a quella dei pensionati.

In attesa della completa attuazione della riforma dell’Ires, per il 2024 viene introdotta una maggiore deduzione del 20% per le nuove assunzioni a tempo indeterminato. La deducibilità sale al 30%, nel caso in cui l’impresa decida di assumere lavoratori svantaggiati o con disabilità, donne con almeno due figli minori o disoccupate da almeno sei anni, under 30, Neet ed ex beneficiari del Reddito di cittadinanza.

Agevolazioni per chi riporta l’attività in Italia

Arrivano le agevolazioni fiscali per attività d’impresa e lavoro autonomo in forma associata che riportano le attività in Italia.
Una norma del decreto prevede il taglio del 50% del reddito imponibile ai fini Irpef e Irap per 5 anni. Il beneficio va restituito con gli interessi se si delocalizza prima del quinquennio interessato.

Tasse dimezzate, entro un tetto di reddito di 60mila euro, anche per i lavoratori dipendenti o autonomi che nel 2024 trasferiranno la residenza fiscale in Italia per un massimo di 5 anni. Anche in questo caso sono previste sanzioni con restituzione dello sconto e interessi nel caso in cui venga tradito l’impegno al mantenimento della residenza fiscale per 5 anni.
Restano invariate le disposizioni per i ricercatori e professori universitari già previste.

Global minimum tax e concordato per Pmi

Con le nuove norme sulla Global minimum tax le multinazionali con fatturato consolidato pari a 750 milioni di euro dovranno pagare almeno il 15% di imposta effettiva. Un intervento che punta ad assicurare parità competitiva tra le imprese arginando gli effetti distorsivi della pratica delle big tech.
Il concordato preventivo biennale per le Pmi permette invece di fissare una base fiscale per due anni escludendo dalla tassazione l’eventuale reddito aggiuntivo.

La proposta in merito verrebbe fatta dall’amministrazione fiscale, che sulla base dei dati certi ottenuti grazie alla fatturazione elettronica, l’interoperabilità delle banche dati e l’Intelligenza artificiale può dire al contribuente qual è il suo reddito.
Le norme allo studio sulla cooperative compliance (abbassare la soglia di ingresso fino a 100 milioni di euro di fatturato) puntano invece ad ampliare la platea di accesso per i contribuenti. Si studiano inoltre effetti premiali per i contribuenti virtuosi.

Gli italiani vogliono inserire cultura ed educazione digitale nella Costituzione

È quanto è emerso dalla ricerca dal titolo ‘Il digitale popolare’, promossa da Fondazione Italia Digitale e Istituto Piepoli, e illustrata durante il Festival del Digitale Popolare, che si è tenuto a Torino a inizio ottobre. Se per tantissimi italiani, l’83%, è chiaro che il digitale sarà protagonista anche del futuro dell’economia, il 55% vorrebbe che la cultura digitale e l’educazione al digitale venissero inserite nella Costituzione italiana.

Il digitale, in tutte le sue forme, è ormai centrale nella vita quotidiana, tanto che la maggioranza degli italiani è favorevole a inserirlo nella Costituzione, in particolare, per la cultura e l’educazione dedicata.

“Dovrebbe essere materia di studio a partire dalla scuola primaria”

La ricerca ha affrontato a largo spettro i principali aspetti del rapporto tra gli italiani e il digitale, e ha analizzato ambiti che vanno dall’istruzione e la formazione alle fake news, dal metaverso e l’Intelligenza artificiale generativa a cibo e alimentazione, gli strumenti digitali per misurare le prestazioni sportive, la sostenibilità, e l’impiego nella Pubblica amministrazione.

Secondo Francesco Di Costanzo, presidente Fondazione Italia Digitale, il digitale, inoltre, “Dovrebbe essere inoltre materia di studio a partire dalla scuola primaria. Le opportunità e anche le ‘storture’ della rivoluzione digitale da gestire vanno affrontate senza paura, ma con una forte conoscenza, consapevolezza, competenza a tutti i livelli: Pubbliche amministrazioni, imprese, professionisti, cittadini”.

Da nord a sud per più di 8 italiani su 10 il digitale è fondamentale nella vita quotidiana

Insomma, “È un plebiscito – spiega Livio Gigliuto, direttore generale Fondazione Italia Digitale e Presidente Istituto Piepoli -: più di 8 italiani su 10, giovani e meno giovani, da nord a sud, reputano importante il digitale nella gestione della vita quotidiana, e la maggioranza degli italiani, al contrario di quanto si potrebbe pensare, ha più relazioni di prima, proprio grazie agli strumenti digitali”.

Anche nei confronti dell’Intelligenza artificiale prevalgono gli ottimisti

“La politica ha ottenuto un indubbio vantaggio dal digitale: grazie ai social i politici sono più familiari al 30% degli italiani. Sette italiani su dieci si sono rivolti a web e social per didattica e formazione, mentre un italiano su due vuole fare esperienza nel metaverso. Prevalgono gli ottimisti anche nei confronti dell’Intelligenza artificiale – aggiunge ancora Livio Gigliuto, come riporta Adnkronos -. L’Italia si conferma quindi un Paese sedotto dall’innovazione, attraversato da un ‘tecno-ottimismo’ consapevole e maturo, di chi è abituato, anche con la testa nel metaverso, a stare con i piedi per terra”.

La moda italiana celebra 20 anni di stile e sostenibilità

Gli italiani e la moda compongono un’equazione complessa e affascinante. Allo shopping come ‘coccola’ contrappongono l’attenzione a prezzo e materiali, alla ricerca ‘dell’affare’ e la sostenibilità ambientale. Dal punto di vista stilistico, vincono funzionalità e semplicità, anche se si notano frange d’avanguardia tra le donne e le nuove generazioni.  E dei vent’anni di stile italiano appena passati, risulta vincente lo stile Sex & the City, con lo shopping terapeutico e di marca contrapposto al più recente Outdoor, che vince però come previsione per il futuro. Sono alcuni risultati della ricerca ‘2003-2023 Fashion Inside’, promossa dall’Osservatorio McArthurGlen sulla moda nel retail fisico, condotto da BVA Doxa in collaborazione con BRAND JAM.

Tra slancio emotivo e razionalizzazione

Gli atteggiamenti nei confronti della moda evidenziano una dualità di fondo tra i consumatori, che oscillano tra slancio emotivo e razionalizzazione. La moda è infatti un modo per esprimere la propria individualità (52%), lo shopping migliora l’umore (44%), contribuisce ad aumentare l’autostima (35%) ed è un modo di prendersi cura di sé (48%). Ma accanto a questo contesto decisamente emotivo, convivono alcuni aspetti più razionali, primo fra tutti l’attenzione ai prezzi. Per riuscire a ‘fare l’affare’ (59%) si fanno ‘ricerche’ e ‘confronti’ (55%) e si va alla ricerca di capi di buona qualità a prezzi accessibili (52%). La razionalità emerge anche nella scelta di capi: si preferisce un abbigliamento comodo e funzionale rispetto all’inseguire l’ultima moda (59%). La ricerca di un equilibrio che garantisca un look adatto e originale rimane comunque fattore di soddisfazione. 

Sostenibilità e Designer Outlet

Anche nella moda e nello shopping si afferma in modo piuttosto evidente un richiamo ai temi di sostenibilità. L’acquisto di collezioni precedenti e di seconda mano è un mezzo per ridurre l’impatto ambientale (45%), e l’attenzione alla composizione dei materiali è elevata (38%). L’attenzione alla sostenibilità è rilevante in generale, e si rivolge anche alla seconda vita delle collezioni proposte dei Designer Outlet, a cui oltre ai prezzi vantaggiosi, viene riconosciuto in misura significativa un posizionamento vicino ai temi della sostenibilità (4%). In ogni caso, il negozio fisico rimane centrale come luogo esperienziale dove potere toccare con mano il prodotto, Ma soprattutto, premiarsi con la disponibilità immediata del capo.

Stile: funzionalità e semplicità sono vincenti 

Tra gli stili, quelli che piacciono di più e che si ritengono più adatti a sé sono Natural Chic (51%) e Minimalista (40%). La donna conferma la preferenza per il Natural Chic, mentre l’uomo tende ad apprezzare di più lo stile Street Active, insieme alla GenZ, che si sbilancia esprimendo una preferenza maggiore per stili quali Femme Fatale e Material Girl/Rocker. Andando oltre il proprio gradimento personale, gli stili che secondo gli italiani meglio interpretano la rappresentazione comune della moda contemporanea sono lo Street Active e il Natural Chic. Particolarmente d’accordo con questa tendenza i giovanissimi della GenZ, che  citano tra gli stili più rappresentativi anche il Minimalista, andando invece e sminuire il ruolo del New Romantic/Dandy, più citato da Millennials e GenX.

Resto al Sud, torna il programma per l’imprenditoria nel Mezzogiorno

Anche nel 2023, il programma “Resto al Sud”, gestito da Invitalia, rappresenta un’importante opportunità per sostenere la creazione e lo sviluppo di nuove iniziative imprenditoriali e professioni libere in varie regioni italiane, contribuendo così alla crescita economica e all’innovazione nelle zone meridionali del paese. “Resto al Sud 2023” mira a promuovere l’imprenditorialità nelle seguenti regioni: Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia, oltre alle aree colpite dal cratere sismico del Centro Italia, che comprendono Lazio, Marche e Umbria, e alle isole minori marine, lagunari e lacustri del Centro-Nord.

Il budget complessivo per il 2023/2024 di 1,25 miliardi di euro

Il programma è destinato a cittadini privati tra i 18 e i 55 anni e dispone di un budget complessivo per il 2023/2024 di 1,25 miliardi di euro. Le attività ammissibili per il finanziamento includono settori industriali e artigianali, trasformazione di prodotti agricoli, pesca e acquacoltura, servizi per aziende e privati, turismo, commercio e professioni libere, sia individualmente che in forma societaria. Tuttavia, le attività agricole non sono finanziate tramite questo programma.
Il finanziamento fornito da “Resto al Sud 2023” può coprire completamente i costi del progetto presentato, con un massimo di 50.000 euro per richiedente, o fino a 200.000 euro per società con un massimo di quattro membri. Le imprese gestite individualmente possono ottenere un finanziamento massimo di 60.000 euro. Inoltre, è previsto un contributo aggiuntivo non rimborsabile per le esigenze di capitale circolante, che varia da 15.000 euro per le imprese individuali a un massimo di 40.000 euro per le società.

Quali sono le spese ammissibili?

Le spese ammissibili includono lavori di ristrutturazione o manutenzione straordinaria di proprietà immobiliari (entro il 30% del budget totale), acquisto di macchinari, impianti, attrezzature, software e servizi legati alle tecnologie dell’informazione e della comunicazione. Inoltre, le spese operative, come materie prime, materiali di consumo, utenze, canoni di locazione e premi assicurativi, sono ammissibili fino al 20% del budget totale, mentre spese come progettazione, promozione, consulenza e costi del personale dipendente non sono finanziate. Le agevolazioni di “Resto al Sud” coprono il 50% delle spese a fondo perduto e il restante 50% attraverso un finanziamento bancario garantito dal Fondo di Garanzia per le PMI, con interessi a carico di Invitalia.

Come presentare la domanda

Per presentare una domanda di finanziamento, è necessario utilizzare la modalità online sul sito web di Invitalia, disponendo di un’identità digitale come SPID, CNS o CIE, compilare la domanda online e caricare il piano aziendale e i documenti correlati. Una volta inviata la domanda, verrà attribuito un numero di protocollo elettronico, e eventuali modifiche ai contatti possono essere effettuate successivamente. Le domande vengono valutate in base all’ordine di ricezione entro un periodo di 60 giorni dalla presentazione, senza scadenze o liste prioritarie. Invitalia verifica preliminarmente i requisiti dei richiedenti e successivamente valuta le proposte, anche attraverso colloqui diretti con i proponenti.

Lavoro: a settembre 2023 oltre 3 milioni cercano un altro impiego

L’accentuata mobilità interna al mercato del lavoro, e il fenomeno delle dimissioni volontarie, da settembre spingeranno oltre 3 milioni di occupati a ricercare un nuovo impiego. È quanto emerge dall’ultima indagine della Fondazione studi consulenti del lavoro, dal titolo ‘Ritorno al lavoro: per 3 milioni parte la ricerca di una nuova occupazione’. Con l’occupazione in crescita aumenta quindi la voglia di cambiare lavoro. Spinti dalle nuove opportunità che offre il mercato, dalla concorrenzialità crescente delle imprese nel trattenere i giovani o reclutare le professionalità introvabili, ma anche desiderosi di un cambiamento che porti a una maggiore soddisfazione professionale o un migliore equilibrio vita-lavoro, i lavoratori italiani si muovono molto più di prima tra un’occupazione e l’altra.

2022, l’anno record delle dimissioni 

Come negli anni passati, settembre, insieme a dicembre, è il mese in cui si concentra il maggior numero di dimissioni volontarie. Il 2022, in particolare, è stato l’anno record delle dimissioni: 1.255.000 lavoratori a tempo indeterminato hanno lasciato il proprio impiego (+9,7% rispetto al 2021, +24% rispetto al 2019). Con riferimento ai settori più interessati dal fenomeno, la ricerca evidenzia come su 100 dimissioni di lavoratori a tempo indeterminato la quota maggiore riguarda commercio e servizi turistici (33,8% del totale) e comparto manifatturiero (25%). In generale, i settori protagonisti dell’incremento più consistente sono quelli che hanno conosciuto una più alta crescita occupazionale, come costruzioni (+48,4%), servizi di informazione e comunicazione (+37,5%), sanità e istruzione (+35,8%).

I giovani sono più “mobili”

Secondo un’indagine realizzata a giugno scorso dalla Fondazione studi consulenti del lavoro, in collaborazione con l’Istituto Piepoli, il 6% dei lavoratori interpellati ha cambiato occupazione negli ultimi due anni. A questi si aggiunge un 13% che sta cercando attivamente un altro impiego. C’è poi un 26% che pur non avendo ancora agito concretamente desidera un cambiamento professionale.
La diffusa mobilità riguarda maggiormente i giovani, di cui il 13% ha cambiato lavoro, mentre il 15% è attivamente alla ricerca di una nuova occupazione. A spiegare il fenomeno, soprattutto la mancata soddisfazione per la situazione professionale precedente.

Cosa si cerca nel nuovo lavoro?

Non a caso, per il 41% di chi ha cambiato lavoro negli ultimi due anni (o si accinge a farlo) la scelta è guidata soprattutto dallo scontento per l’attuale condizione.
Seguono, ma molto distanziate, la necessità, derivante dalla scadenza di un contratto o un licenziamento (18%), e la voglia di un cambiamento di vita capace di favorire un ruolo diverso del lavoro nella propria esistenza (16%). Il 12% fa poi riferimento al presentarsi di nuove opportunità, mentre solo il 6% alla paura di perdere l’attuale impiego. Ma cosa si cerca nel nuovo lavoro? Miglioramento retributivo (39%), che non significa meri aumenti salariali, ma anche diverse e migliori forme di welfare e benefits, migliore equilibrio lavoro-vita privata (30%), desiderio di riscoprire motivazioni e nuovi stimoli (21%), migliore clima aziendale (20%) e prospettive di crescita e carriera (20%).

Report sulla sostenibilità: cosa sono e a cosa servono?

I report sulla sostenibilità forniscono una visione completa dell’impatto di un’azienda in ambito economico, ambientale e sociale (ESG). La formulazione e divulgazione degli obiettivi ESG aiuta le aziende a implementare cambiamenti fondamentali, posizionandole favorevolmente in un’economia globale sempre più incentrata sulla sostenibilità. In pratica, il report di sostenibilità non fornisce solo una visione completa dell’impatto aziendale in ambito ESG, ma è una guida per modellare il futuro operativo, prevedere i cambiamenti e pianificarli efficacemente, migliorando così l’efficienza complessiva. Gli obiettivi ambientali, sociali e di governance sono traguardi strategici che le aziende si prefiggono per gestire efficacemente il loro impatto sulla società e sull’ambiente. Questi obiettivi rientrano in tre categorie, Ambientale, Sociale, Governance.

Misurare la trasparenza delle aziende su questioni etiche, ambientali e sociali

I consumatori e i potenziali partner commerciali sono più esigenti che mai, e attribuiscono grande importanza all’allineamento dei loro valori con gli impegni dei marchi che supportano.
In questo contesto, il report di sostenibilità dimostra la trasparenza delle aziende su questioni etiche, ambientali e sociali. Nel panorama aziendale odierno, oltre il 90% delle più grandi aziende del mondo segnala il proprio impatto sulla sostenibilità. Esistono più di 600 diversi framework in tutto il mondo che mirano a facilitare la rendicontazione e il monitoraggio dei progressi ESG. Una significativa maggioranza delle organizzazioni opta per i GRI Standards. Gettonati anche i framework alternativi International Integrated Reporting Committee (IIRC) e gli standard del Sustainability Accounting Standards Board (SASB).

Combinare le informazioni finanziarie con i dati ESG

Gli standard della Global Reporting Initiative (GRI), rinomati per il loro approccio globale, completezza e flessibilità, si rivolgono ad aziende di tutte le dimensioni. Consentono di misurare la performance e l’impatto delle azioni messe in atto, fornendo indicazioni sugli aspetti economici, ambientali e sociali e attraendo un’ampia gamma di parti interessate, compresi gli investitori.
L’84% delle più grandi aziende del mondo applica le linee guida GRI nell’approccio allo sviluppo sostenibile. L’Integrated Reporting Framework (IRF) dell’International Integrated Reporting Council incoraggia invece la segnalazione integrata di dati finanziari e non finanziari, facendo appello principalmente agli investitori e ai finanziatori globali. I report combinano le informazioni finanziarie annuali tradizionali con i dati ESG, descrivendo in dettaglio la creazione di valore su periodi di breve, medio e lungo termine.

Standard specifici rivolti agi investitori

Gli standard SASB (Sustainability Accounting Standards Board), riferisce Adnkronos, si rivolgono a un pubblico più ristretto, principalmente investitori. Una delle caratteristiche distintive di SASB è la creazione di oltre 70 standard specifici del settore. Questi, in combinazione con le mappe di materialità di SASB, possono essere estremamente utili per le aziende che hanno appena iniziato il loro percorso di reporting, aiutandole a identificare gli elementi materiali per il reporting e offrendo un quadro più standardizzato per il benchmarking.

L’Europa è più cara, ma è ancora attraente per i viaggiatori

L’Europa costa cara, eppure è ancora attrattiva. I paesi del Sud, come l’Italia, ka Spagna, la Grecia, il Portogallo e la Croazia, nonostante l’aumento dei prezzi in questa torrida estate 2023, sono ancora invitanti rispetto ad altre mete in giro per il mondo. Secondo l’analisi sulle vacanze estive 2023 di Allianz Trad, quest’estate oltre il 40% dei viaggiatori per una settimana di vacanza spenderà più di 1.500 euro. E le tariffe giornaliere per camera in media sono passate da 156 euro nel 2022 a 212 euro nel 2023. Di fatto, l’inflazione alta, che trascina al rialzo i prezzi di aerei, alloggi e cibo, non sembra scoraggiare i viaggiatori.

Meglio le mete più vicine

Il 41% dei viaggiatori, rispetto al 33% del 2022, spenderà più di 1.500 euro per la vacanza estiva.
Del resto, il confronto con il resto del mondo induce a preferire le mete più vicine, dove il costo del trasferimento risulta più accettabile se paragonato a destinazioni come i Caraibi, gli Stati Uniti e alcune mete premium come il Belize, le Maldive, le Mauritius, le Seychelles e lo Sri Lanka.
Le Bermuda, ad esempio, rimangono la vacanza più costosa tra le destinazioni globali, tre volte più cara dell’Europa meridionale.
Confrontando i dati di questa estate con quella del 2019, il parametro che si riferisce ai ricavi per passeggero-chilometro (RPK) all’interno dell’Europa ha raggiunto il 92% nel primo trimestre dell’anno, mentre i volumi di vendita dei biglietti aerei da maggio a settembre hanno già toccato il 91% dell’ultimo anno pre-Covid.

Investire nel turismo sostenibile

Il turismo rappresenta la quota maggiore del valore aggiunto lordo totale in Croazia (11,3%), in Portogallo (8,1%), in Grecia (7,7%), in Spagna (6,9%) e in Italia (6,2%). Ciò rischia di provocare una dipendenza strutturale dai turisti stranieri e una crescente vulnerabilità agli shock esogeni (come insegna la pandemia). Si corre anche il rischio di perpetuare i problemi del mercato del lavoro, come la prevalenza di posti poco qualificati e un’altrettanto bassa produttività. Nel frattempo, l’Europa meridionale dovrebbe investire nel turismo sostenibile per garantire la conservazione degli ambienti naturali e del patrimonio culturale per le prossime generazioni, ragionando su un miglioramento delle infrastrutture. 

Il caro alloggi non scoraggia i vacanzieri

Oltre ai rincari degli alimentari, l’alloggio è diventato più costoso, condizionato da una domanda ‘alle stelle’ e dal deciso aumento delle tariffe degli hotel per far fronte a bollette energetiche più elevate.
La tariffa giornaliera per una camera d’albergo in media è balzata a 212 euro nel primo trimestre dell’anno, in rialzo rispetto ai 156 euro nel 2022 e i 129 del 2021.
Ma ciò non ha scoraggiato viaggiatori: anche il tasso medio di occupazione negli alberghi continua ad aumentare, passando dal 48% del 2021 al 62% di oggi. Il tasso ‘normale’ pre-pandemia era del 71%.
Si prevede quindi che quest’anno i viaggi all’interno dell’Europa cresceranno del 20%, per circa 515 milioni di arrivi, pari all’89% del 2019 e al 14% nel 2024.

Con l’e-commerce si abbassa l’inflazione

L’inflazione rappresenta il problema più sentito per la maggioranza degli italiani: per quasi il 90% dei cittadini il proprio potere d’acquisto nell’ultimo anno si è ridotto notevolmente. La pressione inflattiva nel 2022 è arrivata a sfiorare il 12%, riducendo il reddito disponibile soprattutto delle famiglie meno abbienti e aumentando la povertà assoluta: 300mila famiglie in più rispetto al 2021.
In un momento in cui l’inflazione è in cima all’agenda politica ed economica, rappresentando una grande preoccupazione per molte famiglie italiane, la ricerca ondotta da The European House – Ambrosetti, in collaborazione con Amazon, analizza l’impatto dell’e-commerce sul potere d’acquisto degli italiani, e più in generale, sulle imprese.
La ricerca mostra però il ruolo positivo svolto dall’e-commerce in questo contesto. Secondo gli intervistati infatti l’e-commerce ha facilitato l’accesso a prezzi bassi e a una maggiore reperibilità, ampiezza e varietà dell’offerta.

I prezzi online sono rimasti più stabili

La percezione degli italiani è stata confermata anche dai risultati dell’analisi economico-statistica realizzata da Ambrosetti con il supporto di Istat.
In Italia i prezzi online si sono dimostrati più stabili anche in periodi caratterizzati da alta inflazione, sostenendo quasi 40 miliardi di euro di consumi negli ultimi 3 anni. Inoltre, il modello econometrico di Ambrosetti ha dimostrato statisticamente che in Italia un aumento di un punto percentuale della diffusione dell’e-commerce riduce l’inflazione (-0,02 punti) e aumenta i consumi (+845 milioni di euro). Senza l’effetto della diffusione dell’e-commerce negli ultimi 6 anni l’inflazione sarebbe stata in media il 5% più alta. E la diffusione del commercio elettronico ha reso disponibile circa 1 miliardo di euro di ricchezza per le famiglie italiane tra il 2020 e il 2022.

Più promozioni e prodotti disponibili

I risultati della ricerca confermano quindi il ruolo socio-economico dell’e-commerce nel nostro Paese.
In particolare di Amazon, che offre un’esperienza di acquisto conveniente grazie a prezzi bassi, ampia selezione, consegne veloci, contribuendo al tempo stesso alla crescita delle imprese e dell’economia in generale. Nell’ultimo anno sono state incrementate le iniziative promozionali per i clienti Prime e quelli non Prime, offrendo occasioni di risparmio lungo tutto il corso dell’anno.
È stata poi ampliata la selezione dei prodotti disponibili con consegne veloci e senza costi aggiuntivi. Ed è stata intensificata la comunicazione delle diverse opzioni per spendere meno, creando una pagina dedicata sul sito amazon.it dei 7 modi per risparmiare.

Un impulso per le vendite all’estero

Tra le iniziative di Amazon rientrano i Made in Italy Days, che hanno permesso ai clienti Amazon nel mondo di acquistare più di 18.000 offerte su prodotti originali Made in Italy. Un impulso all’internazionalizzazione delle aziende italiane che ha fatto registrare vendite dall’estero per oltre il 50%. Ma Amazon continua a investire anche per far sì che la piattaforma sia un luogo in cui i clienti possano continuare a fare acquisti con fiducia.
Solo nel 2022 sono stati investiti globalmente oltre 1,2 miliardi di dollari, dedicando 15.000 persone all’attività di protezione dei clienti, dei partner e dello store.

Gli italiani comprano all’outlet, ma non rinunciano alle vacanze estive 

Arrivano i saldi, e l’81% degli italiani prevede di spendere più o meno la stessa cifra o anche di più rispetto al 2022. Il budget di spesa medio previsto si attesta sui 176 euro.
È quanto rileva l’Holiday Shopping Outlook, di Bain & Company Italia realizzato in collaborazione con Toluna. Se inflazione, costi energetici e attenzione per l’ambiente spingono quasi 6 italiani su 10 a risparmiare sulla quantità di ciò che acquistano, e a contenere i consumi energetici, nondimeno, gli italiani non intendono rinunciano alle vacanze estive. E se anche quest’anno il turismo nazionale guida le preferenze c’è chi torna a viaggiare all’estero.

Abbigliamento sempre in cima ai desideri dei consumatori

L’abbigliamento come sempre sarà il più gettonato durante i saldi (82%), seguito dai prodotti per la cura della persona (29%) e gli alimentari (26%).
Rispetto alla stagione invernale aumentano di rilevanza nelle scelte dei consumatori grandi magazzini, Outlet o negozi a basso prezzo, a conferma della crescente ricerca di convenienza, mentre si normalizza il canale online. E la sostenibilità svolge un ruolo sempre più importante nelle decisioni di acquisto: il 61% dei consumatori è orientato ad acquistare prodotti sostenibili anche durante i saldi estivi, soprattutto tra le fasce di età più giovani.

Quest’anno partirà il 20% in più rispetto al 2022

“Anche le aspettative degli italiani sulle proprie vacanze sono in forte crescita quest’anno, con un aumento dal 56% al 78% di coloro che partiranno rispetto al 2022 – Andrea Petronio, Senior Partner e Responsabile della practice Retail di Bain & Company in Italia -. L’Italia rimane la meta preferita, mentre per chi andrà all’estero l’Europa guida la classifica con il 77% delle preferenze, seguita da Nord America (10%) e Asia (9%). La durata delle vacanze per la maggior parte degli italiani sarà di 1 o 2 settimane”. Il mare rimane la meta preferita per il 72% degli italiani, seguito dalle città d’arte (32%) e dalla montagna (27%).

Budget per le ferie circa 1.180 euro

Per quanto riguarda l’alloggio, circa la metà degli italiani opterà per soggiorni in hotel, seguiti da case in affitto o B&B (43%), case di proprietà o di amici e parenti.
Quanto alla spesa, il 37% degli italiani prevede di spendere di più rispetto all’anno scorso, mentre solo il 10% prevede di risparmiare per le vacanze.
In media, gli italiani hanno messo a budget circa 1.180 euro, spesa in larga parte destinata all’alloggio.
Oltre la metà degli italiani prenota autonomamente le vacanze online, con l’eccezione dei Boomers, che preferiscono prenotare ‘in loco’ (30%) o essere ospitati da amici (14%).

L’e-commerce B2b vale 468 miliardi, ma digitalizzazione delle imprese in stallo

Il valore dell’e-commerce B2b in Italia nel 2022 è pari a 468 miliardi di euro, in crescita del 3% rispetto al 2021. L’incidenza sul totale del transato B2b italiano però è ferma al 21%, e per la prima volta dal 2015 rimane stabile rispetto all’anno precedente, suggerendo l’inizio di una fase di consolidamento degli investimenti nel digitale realizzati durante la pandemia. Nonostante un livello di adozione mediamente alto delle tecnologie per le transazioni digitali, la penetrazione dell’e-commerce B2b risulta ancora bassa, con appena un ordine su cinque scambiato tramite strumenti digitali. Sono alcuni risultati dell’Osservatorio Digital B2b della School of Management del Politecnico di Milano.

Fattura elettronica e attività interne digitalizzate

Poiché ne ha introdotto l’obbligo generalizzato, l’Italia vanta un primato europeo nella fatturazione elettronica, ma resta da completare l’ultimo tassello per la digitalizzazione del ciclo dell’ordine: quello della fase di consegna, ancora ferma al palo. Oggi solamente il 34% delle imprese italiane emette Documenti di Trasporto digitali, e solo una su quattro li riceve. Tra i processi amministrativo-contabili, invece, le attività interne sono le più digitalizzate: il 65% delle imprese possiede un software gestionale ERP, il 60% certificati di firma informatica, il 53% software di conservazione digitale e sempre il 53% software per la gestione elettronica documentale. Ma a spingere verso il basso la digitalizzazione sono le Pmi che registrano una diffusione inferiore del -24% rispetto alle grandi imprese.

Le tecnologie abilitanti

L’Osservatorio identifica tre approcci per l’utilizzo di tecnologie di vendita in ambito B2b: ‘infanti’, con semplici vetrine o punti di raccolta di richieste d’ordine, ‘adulti’, con veri e propri hub di servizi in grado di coprire tutte le fasi del ciclo esecutivo, e ‘adolescenti’, consapevoli dell’importanza dei nuovi canali, ma ancora arretrati sul fronte organizzativo e tecnologico. Tra le tecnologie digitali per la vendita, il 17% delle imprese possiede un Portale B2b, l’11% adotta piattaforme B2b, il 18% ha un sito proprio B2b, e il 6% utilizza Marketplace B2b, utilizzati principalmente per vendere prodotti, ma anche come vetrina dell’offerta. Tra le tecnologie che abilitano l’integrazione tra aziende, nel 2022 23.700 imprese italiane utilizzano l’EDI (Electronic Data Interchange, +13% rispetto 2021), per 135 milioni di documenti scambiati (+2%), tra ordini, conferme d’ordine, avvisi di spedizione e fatture.

La Firma informatica

Nella digitalizzazione dei processi interni, aumentano la diffusione delle firme informatiche, utilizzate ormai da quasi la metà delle imprese italiane per firmare contratti e fatture elettroniche. Sono oltre 29 milioni i certificati di firma attivi rilasciati ad aziende e privati (+0,4% rispetto 2021), e aumentano gli utilizzi effettivi. La firma informatica è uno dei servizi fiduciari normati in eIDAS insieme a sigilli elettronici, servizi di recapito certificato, time stamping e certificati di autenticazione (TLS) per siti web. La sinergia tra questi servizi è sempre più forte: si contano 225 fornitori qualificati di servizi fiduciari (QTSP) in Europa, di cui 20 in Italia, terzo Paese dietro a Spagna (48 QTSP) e Francia (29).