Società

Italiani insoddisfatti della vita “in casa”

Il rapporto degli italiani con la vita in casa non segue un’evoluzione lineare. Solo il 50% è soddisfatto, e appena il 32% è fiducioso nei prossimi due anni. A preoccupare sono principalmente la salute delle persone care (46%), la situazione economica famigliare (45%), ma anche lo stato dell’economia del Paese (31%). Poi c’è chi teme eventi metereologici avversi (24%) che potrebbero interessare la propria casa. 

A ostacolare una migliore vita domestica nel corso del 2023 sono intervenute alcune pulsioni contrastanti, tra cui, “fare di più versus fare meno”. Per il 43% degli italiani la possibilità di rilassarsi è una priorità assoluta nella casa ideale, mentre per il 41% lo è avere una casa ordinata e organizzata. 
Lo afferma Ikea Italia nella decima edizione di Life at home report, progetto di ricerca internazionale sull’abitare. 

Tensione alla condivisione versus bisogno di privacy

La casa è il luogo dove accogliamo gli amici, ma anche il nostro porto sicuro. Gli abbracci di una persona cara sono una delle cose che porta più gioia in casa (37%), ridere con gli amici è il principale fattore di divertimento, e sono le persone con cui viviamo a farci sentire più sicuri a casa (32%). D’altronde, avere la giusta privacy è importante per sentirsi soddisfatti e a proprio agio (26%).

C’è poi il “vivere bene” che si scontra con il “vivere secondo le proprie possibilità”.
Ma vivere secondo le proprie possibilità significa optare per le soluzioni più economiche, perché molti si trovano ad affrontare una crescente pressione per quanto riguarda la propria condizione finanziaria.

Tecnologia: da terzo incomodo ad alleata silenziosa

L’evoluzione del concetto di casa è il frutto di alcune direttrici, che dall’ultimo decennio fanno parte della nostra vita domestica.
La prima è sicuramente la tecnologia, passata da ‘terzo incomodo’ ad alleata spesso discreta e silenziosa per rendere la casa più efficiente.
Fino al 2019 la tecnologia è sempre stata giudicata come intrusiva nelle relazioni, ma durante la pandemia si è trasformata in una preziosa alleata.

Oggi solo il 17% degli italiani pensa di passare troppo tempo davanti a uno schermo, mentre il 22% ritiene che avere accesso a internet fa sentire più sicuri in casa. Un dato maggiore rispetto a disporre di un sistema di allarme, che si attesta al 15%.

Benessere e sostenibilità

Negli ultimi dieci anni la definizione di vivere bene si è ampliata fino a includere salute, benessere e sostenibilità. Dieci anni fa, riferisce Askanews, contavamo sulle attività fuori casa per migliorare il nostro benessere, ma negli ultimi due anni è stata proprio la casa a rispondere a questa domanda.

Anche la sostenibilità ha varcato la porta di casa, ma nonostante l’aspirazione verso uno stile di vita più in armonia con la natura, il percorso è ancora lungo.
Solo il 24% degli italiani afferma che la casa è in grado di rispondere a questo desiderio.

Cambiano i consumi degli italiani: risparmio, salute e ambiente le priorità  

L’incertezza geopolitica ed economica, unita alle preoccupazioni ambientali, sta guidando i consumatori italiani a riconsiderare il loro stile di vita e le abitudini di spesa. Secondo la tredicesima edizione dell’Ey Future Consumer Index, che ha coinvolto oltre 22.000 cittadini globali, di cui 500 in Italia, emerge un cambiamento significativo nei comportamenti dei consumatori italiani.

Al primo posto tra le priorità si colloca il risparmio, seguito dalla salute fisica e mentale e dalla sostenibilità. Il 65% dei cittadini è attento all’impatto ambientale dei propri consumi, con un focus sul riciclo (56%) e sul risparmio di acqua (41%).

Le preoccupazioni legate alla situazione economica 

Il 91% dei consumatori italiani è preoccupato per la propria condizione economica, mentre l’81% allarga i timori all’economia del Paese. Le principali ansie riguardano l’incremento dei prezzi di elettricità, gas e acqua (75%) e l’aumento dei costi per beni alimentari e carburanti (73%). Il 62% ritiene che i costi per accedere a una sanità di qualità siano troppo alti.

Mutano i comportamenti di acquisto

Le crescenti tensioni geopolitiche, l’inflazione e le perturbazioni economiche stanno spingendo i consumatori italiani a modificare il loro stile di vita e i modelli di spesa. Il 76% sarà più cauto nelle spese, mentre oltre il 38% prevede di trascorrere più tempo a casa per risparmiare. La riduzione degli acquisti di prodotti non essenziali è segnalata dal 50% degli intervistati. Stefano Vittucci, leader del settore Consumer Products and Retail di Ey in Italia, afferma che queste azioni portano indirettamente a comportamenti più sostenibili, come la riduzione dello spreco alimentare (94%) e l’attenzione al riciclo (56%).

Dove si risparmia

I consumatori italiani riducono gli acquisti principalmente per risparmiare (75%) e per contribuire all’ambiente (43%). Le categorie in cui si prevede di spendere meno includono accessori moda (66%), abbigliamento e calzature (53%), giocattoli e gadget (49%), elettronica di consumo (48%), bellezza e cosmesi (47%), mobili per la casa (43%) e automobili (40%).

Più attenzione alla salute fisica e mentale  

Dopo le preoccupazioni economiche, la seconda priorità per i cittadini è la salute fisica e mentale. Lo stress economico e le tensioni globali portano a un’attenzione maggiore verso il benessere personale, con il 67% che dichiara di essere più consapevole e cauto nei confronti della salute mentale. Il 43% degli intervistati dichiara a questo proposito di utilizzare app e dispositivi smart per monitorare la salute.

Sfide e aspettative

Il 65% dei consumatori italiani presterà maggiore attenzione all’impatto ambientale dei consumi. Il cambiamento climatico è considerato una problematica urgente (63%), tanto da spingere i consumatori a comportamenti di acquisto più sostenibili. L’attenzione al riciclo (56%), al risparmio d’acqua (41%) e alla riparazione anziché sostituzione di prodotti (75%) sono indicativi di un cambiamento verso pratiche più sostenibili.

I buoni propositi per il 2024? Sono digitali

E’ un classico di ogni inizio anno, e il 2024 non fa eccezione. Con gennaio, ognuno di noi stila la lista dei buoni propositi per i 12 mesi successivi. Oggi però, dato che viviamo in un mondo in cui la tecnologia è sempre più centrale nelle nostre esistenze, è diventato un imperativo pensare anche ai “buoni propositi digitali”.

Secondo una recente ricerca di Kaspersky, più della metà degli italiani ha deciso di apportare modifiche alle proprie abitudini digitali per il 2024, riconoscendo l’importanza di proteggere la propria privacy online. Il concetto di “buoni propositi digitali” si riferisce a un impegno a modificare le abitudini online, con un focus sulla sicurezza e la tutela della privacy. Gli ultimi dati rivelano che il 58% degli italiani inserisce un buon proposito digitale nella lista dei propri obiettivi per l’anno corrente. E il fenomeno è in aumento rispetto all’anno scorso.

Primo, digital detox

I principali buoni propositi digitali per il 2024 includono la pratica del “digital detox” per ridurre il tempo trascorso davanti allo schermo (20%), l’adozione di password più sicure (15%), l’uso strategico di Internet per incrementare i profitti (10%), maggiore attenzione ai link da aprire (10%), e l’impegno a non addormentarsi con lo smartphone (9%).

Secondo, sicurezza

Oltre alle buone intenzioni legate all’uso responsabile del digitale, la ricerca di Kaspersky evidenzia che nel 2024 le priorità per la sicurezza digitale e la privacy includono l’adozione di password più sicure (22%), una migliore gestione delle e-mail (14%), una più frequente scansione antivirus (13%), e il backup regolare dei dati (11%).

Terzo, mindfulness

l 13% degli intervistati italiani si impegna a privilegiare incontri fisici rispetto a quelli online, sia nel contesto lavorativo che nelle relazioni personali. Un altro 13% si propone di essere più presente durante il tempo in famiglia, evitando l’uso eccessivo dello smartphone, mentre l’11% ha l’intenzione di ridurre la frequenza con cui consulta i social media.

La crescente consapevolezza dell’importanza della mindfulness si riflette nel fatto che il 10% degli intervistati ha dichiarato di aumentare l’uso di app per il benessere, come tracker per il fitness e guide per la meditazione, mentre il 9% ha scelto di smettere di seguire su social media persone e gruppi che non contribuiscono al proprio benessere emotivo.

Nuovi comportamenti più diffusi in Italia e Spagna  

In Italia, così come in Spagna, i buoni propositi digitali sono ampiamente diffusi, con percentuali del 58% e 60% rispettivamente. Seguono Paesi Bassi (43%), Germania (42%), Regno Unito (39%) e Francia (35%). Nel contesto italiano, si nota che gli uomini (64%) sono più propensi rispetto alle donne (51%) a impegnarsi in questi propositi, e i più giovani (72% della GenZ) superano gli anziani (49% dei Baby Boomer) in questa volontà di cambiamento.

Conoscenza dell’inglese? Ahi ahi

Come siamo messi, noi italiani e non solo, con le lingue straniere? E con l’inglese in articolare? A questa domanda risponde EF Education First (EF), che ha da poco pubblicato l’edizione 2023 dell’Indice di Conoscenza dell’Inglese (EF EPI), il più ampio rapporto internazionale sulle competenze linguistiche di 2,2 milioni di persone non di madrelingua, distribuite in 113 Paesi e regioni.
Il report evidenzia un preoccupante declino nelle competenze linguistiche degli individui nei cinque anni precedenti, specialmente tra i giovani, insieme a un crescente divario di genere.

Chi migliora, e chi no

Kate Bell, autrice dell’EF EPI, ha sottolineato che nonostante un’apparente stabilità globale nella padronanza generale dell’inglese, la realtà mostra che i progressi di alcuni Paesi sono stati compensati dal declino di altri. Ha evidenziato l’importanza dell’inglese come lingua ponte per condividere prospettive e stimolare la comprensione, sottolineando la necessità di esaminare le tendenze della conoscenza dell’inglese nel tempo.

L’EF EPI si basa sull’analisi dei dati relativi agli adulti che hanno sostenuto l’EF Standard English Test (EF SET), utilizzato a livello mondiale per test su larga scala. Nel corrente anno accademico 2023-2024, il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca italiano ha scelto il test per una rilevazione in tutte le scuole superiori del paese. In sintesi, è un indice affidabile e omogeneo per valutare la conoscenza dell’inglese.

La pandemia ha “fermato” anche lo studio, ma non per il business

Alcuni punti salienti del rapporto includono la diminuzione della conoscenza dell’inglese tra i giovani, con un calo significativo guidato da nazioni come l’India e l’Indonesia. Diversi Paesi, tra cui l’Italia, hanno registrato declini legati alla pandemia, accelerando la tendenza mondiale.

Tuttavia, la competenza nella lingua inglese nella forza lavoro è in crescita a livello globale, con progressi evidenti soprattutto durante il periodo della pandemia. Il rapporto sottolinea anche un allargamento del divario di genere, con il miglioramento delle competenze linguistiche negli uomini e un calo nelle donne.

L’Italia scivola al 35° posto

Nella classifica globale, l’Italia è scesa al 35° posto, condividendo la posizione con Spagna e Moldavia. Unico punto positivo, l’Italia ha superato di sette posizioni i cugini francesi. A livello nazionale, il Friuli-Venezia Giulia è tornato in testa alla classifica, e Padova è stata designata come la città con le competenze linguistiche in inglese più elevate. Insomma, c’è ancora molto da fare, ma alcuni segnali sono incoraggianti. Bisogna solo… applicarsi di più.

Gli italiani vogliono inserire cultura ed educazione digitale nella Costituzione

È quanto è emerso dalla ricerca dal titolo ‘Il digitale popolare’, promossa da Fondazione Italia Digitale e Istituto Piepoli, e illustrata durante il Festival del Digitale Popolare, che si è tenuto a Torino a inizio ottobre. Se per tantissimi italiani, l’83%, è chiaro che il digitale sarà protagonista anche del futuro dell’economia, il 55% vorrebbe che la cultura digitale e l’educazione al digitale venissero inserite nella Costituzione italiana.

Il digitale, in tutte le sue forme, è ormai centrale nella vita quotidiana, tanto che la maggioranza degli italiani è favorevole a inserirlo nella Costituzione, in particolare, per la cultura e l’educazione dedicata.

“Dovrebbe essere materia di studio a partire dalla scuola primaria”

La ricerca ha affrontato a largo spettro i principali aspetti del rapporto tra gli italiani e il digitale, e ha analizzato ambiti che vanno dall’istruzione e la formazione alle fake news, dal metaverso e l’Intelligenza artificiale generativa a cibo e alimentazione, gli strumenti digitali per misurare le prestazioni sportive, la sostenibilità, e l’impiego nella Pubblica amministrazione.

Secondo Francesco Di Costanzo, presidente Fondazione Italia Digitale, il digitale, inoltre, “Dovrebbe essere inoltre materia di studio a partire dalla scuola primaria. Le opportunità e anche le ‘storture’ della rivoluzione digitale da gestire vanno affrontate senza paura, ma con una forte conoscenza, consapevolezza, competenza a tutti i livelli: Pubbliche amministrazioni, imprese, professionisti, cittadini”.

Da nord a sud per più di 8 italiani su 10 il digitale è fondamentale nella vita quotidiana

Insomma, “È un plebiscito – spiega Livio Gigliuto, direttore generale Fondazione Italia Digitale e Presidente Istituto Piepoli -: più di 8 italiani su 10, giovani e meno giovani, da nord a sud, reputano importante il digitale nella gestione della vita quotidiana, e la maggioranza degli italiani, al contrario di quanto si potrebbe pensare, ha più relazioni di prima, proprio grazie agli strumenti digitali”.

Anche nei confronti dell’Intelligenza artificiale prevalgono gli ottimisti

“La politica ha ottenuto un indubbio vantaggio dal digitale: grazie ai social i politici sono più familiari al 30% degli italiani. Sette italiani su dieci si sono rivolti a web e social per didattica e formazione, mentre un italiano su due vuole fare esperienza nel metaverso. Prevalgono gli ottimisti anche nei confronti dell’Intelligenza artificiale – aggiunge ancora Livio Gigliuto, come riporta Adnkronos -. L’Italia si conferma quindi un Paese sedotto dall’innovazione, attraversato da un ‘tecno-ottimismo’ consapevole e maturo, di chi è abituato, anche con la testa nel metaverso, a stare con i piedi per terra”.

La moda italiana celebra 20 anni di stile e sostenibilità

Gli italiani e la moda compongono un’equazione complessa e affascinante. Allo shopping come ‘coccola’ contrappongono l’attenzione a prezzo e materiali, alla ricerca ‘dell’affare’ e la sostenibilità ambientale. Dal punto di vista stilistico, vincono funzionalità e semplicità, anche se si notano frange d’avanguardia tra le donne e le nuove generazioni.  E dei vent’anni di stile italiano appena passati, risulta vincente lo stile Sex & the City, con lo shopping terapeutico e di marca contrapposto al più recente Outdoor, che vince però come previsione per il futuro. Sono alcuni risultati della ricerca ‘2003-2023 Fashion Inside’, promossa dall’Osservatorio McArthurGlen sulla moda nel retail fisico, condotto da BVA Doxa in collaborazione con BRAND JAM.

Tra slancio emotivo e razionalizzazione

Gli atteggiamenti nei confronti della moda evidenziano una dualità di fondo tra i consumatori, che oscillano tra slancio emotivo e razionalizzazione. La moda è infatti un modo per esprimere la propria individualità (52%), lo shopping migliora l’umore (44%), contribuisce ad aumentare l’autostima (35%) ed è un modo di prendersi cura di sé (48%). Ma accanto a questo contesto decisamente emotivo, convivono alcuni aspetti più razionali, primo fra tutti l’attenzione ai prezzi. Per riuscire a ‘fare l’affare’ (59%) si fanno ‘ricerche’ e ‘confronti’ (55%) e si va alla ricerca di capi di buona qualità a prezzi accessibili (52%). La razionalità emerge anche nella scelta di capi: si preferisce un abbigliamento comodo e funzionale rispetto all’inseguire l’ultima moda (59%). La ricerca di un equilibrio che garantisca un look adatto e originale rimane comunque fattore di soddisfazione. 

Sostenibilità e Designer Outlet

Anche nella moda e nello shopping si afferma in modo piuttosto evidente un richiamo ai temi di sostenibilità. L’acquisto di collezioni precedenti e di seconda mano è un mezzo per ridurre l’impatto ambientale (45%), e l’attenzione alla composizione dei materiali è elevata (38%). L’attenzione alla sostenibilità è rilevante in generale, e si rivolge anche alla seconda vita delle collezioni proposte dei Designer Outlet, a cui oltre ai prezzi vantaggiosi, viene riconosciuto in misura significativa un posizionamento vicino ai temi della sostenibilità (4%). In ogni caso, il negozio fisico rimane centrale come luogo esperienziale dove potere toccare con mano il prodotto, Ma soprattutto, premiarsi con la disponibilità immediata del capo.

Stile: funzionalità e semplicità sono vincenti 

Tra gli stili, quelli che piacciono di più e che si ritengono più adatti a sé sono Natural Chic (51%) e Minimalista (40%). La donna conferma la preferenza per il Natural Chic, mentre l’uomo tende ad apprezzare di più lo stile Street Active, insieme alla GenZ, che si sbilancia esprimendo una preferenza maggiore per stili quali Femme Fatale e Material Girl/Rocker. Andando oltre il proprio gradimento personale, gli stili che secondo gli italiani meglio interpretano la rappresentazione comune della moda contemporanea sono lo Street Active e il Natural Chic. Particolarmente d’accordo con questa tendenza i giovanissimi della GenZ, che  citano tra gli stili più rappresentativi anche il Minimalista, andando invece e sminuire il ruolo del New Romantic/Dandy, più citato da Millennials e GenX.

Carichi eccessivi, poco tempo e discriminazione: cosa non va nel lavoro in Italia

Troppi carichi di lavoro e poco spazio per se stessi e per la famiglia. L’ombra del burnout si allarga a tre lavoratori su dieci che riportano malessere psicofisico legato al lavoro. Sono solo alcuni dei dati che emergono dal Rapporto Italia 2023 di Eurispes, giunto alla sua  35a edizione. Oltre un quarto dei lavoratori italiani lamenta insicurezza sul lavoro, mancanza di diritti e precarietà. Un terzo ha svolto un secondo lavoro nell’ultimo anno e uno su cinque ha lavorato senza un contratto. La disparità di trattamento tra uomini e donne nel mondo del lavoro è un dato di fatto per il 26,8% degli italiani. Insomma, i segnali non sono esattamente positivi.

Eccesso di incombenze e difficoltà nel conciliare professione e famiglia

I carichi di lavoro troppo pesanti (44,3%) e la mancanza di tempo per se stessi (39,2%) sono i disagi più diffusi tra i lavoratori. Alle spalle di queste difficoltà, gli intervistati indicano poi conflitti con i superiori (34,9%), difficoltà nel conciliare lavoro e famiglia (34,3%), problemi negli spostamenti tra casa e lavoro (33,6%), mancanza di stimoli professionali (31,2%); circa il 30% lamenta conflitti con i colleghi o malessere psicofisico legato al lavoro. Il 27,4% soffre di insicurezza sul posto di lavoro, il 26,2% ritiene che i propri diritti siano scarsamente tutelati e circa il 26% è preoccupato per la precarietà contrattuale; quasi un quarto (23,6%) sperimenta irregolarità nei pagamenti.

Circa il 33% dei nostri connazionali svolge un secondo lavoro

Nell’ultimo anno, alcuni hanno svolto un secondo lavoro (32,9%), lavorato senza contratto (20,1%), svolto un lavoro al di sotto delle proprie competenze (23,6%) o lavorato durante la notte (15%). Il 35,6% ha lavorato da casa. Tra coloro che hanno lasciato il lavoro o hanno pensato di farlo, emerge che ciò è accaduto a causa di mancati pagamenti (24,4%), vittimizzazione da mobbing (26,7%), mancanza di un contratto (21,2%), o aver subito molestie sessuali (12,6%).

L’inclusione non è ancora per tutti

L’indagine dell’Eurispes si è concentrata anche su categorie di lavoratori la cui inclusione non è sempre adeguatamente garantita: donne, persone con orientamento sessuale non eterosessuale, stranieri. Riguardo alle pari opportunità di genere, il 26,8% del campione ha riscontrato disparità di trattamento nel mondo del lavoro tra uomini e donne in termini di opportunità di carriera, il 24,3% in termini di rispetto personale e il 24% in termini di riconoscimento economico. Nel 15,4% dei casi si è sperimentata esperienza diretta o indiretta di discriminazione legata all’orientamento sessuale delle persone; nel 13,9% dei casi in relazione all’origine straniera.

Quanto, come e cosa si legge in Italia?

Qual è il rapporto oggi fra gli italiani e i libri? Cosa preferiscono leggere i nostri connazionali e in che modalità? A queste e a molte altre domande ha risposto Ispos attraverso una recentissima indagine. La ricerca ha esplorato le abitudini di lettura in Italia, in occasione del progetto “Ivrea Capitale Italiana del Libro 2022”. Lo studio fornisce informazioni sul tipo di lettori italiani, le loro preferenze di lettura, le influenze sulla scelta dei libri e il loro rapporto con le biblioteche, i book influencer, il prezzo dei libri e il formato di lettura preferito. Inoltre, i dati evidenziano alcune differenze generazionali tra Baby Boomers e Generazione Z, fornendo informazioni interessanti sull’evoluzione delle scelte di lettura.

Comprensione del testo, una fatica per molti 

Tuttavia, la percentuale di chi fatica a comprendere il testo è più elevata tra le persone tra i 25 e i 34 anni. Solo il 18% del campione intervistato si considera un grande lettore, ma il 37% si definisce un lettore appassionato. Il maggior freno alla lettura sembra essere la pigrizia, che rappresenta l’11% delle risposte. La lettura è un momento di relax per il 35% degli italiani, evasione per il 30% ed educativo per il 28%, ma questa percentuale scende di 10 punti percentuali nella Generazione Z. 

I gusti in fatto di lettura

Il romanzo classico è la preferenza principale espressa dagli italiani, tranne che per la Generazione Z che predilige fantasy, fantascienza, mystery e crime.
Un altro approfondimento interessante dello studio è quello rivolto agli  ebook. Rimane salda la passione per il libro di carta sia come mezzo sia più in generale come oggetto, tanto da essere preferito dal 70% del campione e apprezzato dall’89% per la possibilità di essere sfogliato. Nonostante questo, il 63% degli intervistati è certo che l’ebook diventerà, nei prossimi anni, la forma più popolare di editoria.

Come si scelgono i libri?

L’indagine approfondisce anche le motivazioni che spingono verso la scelta dei libri. Se la media nazionale indica in cima alla classifica l’esposizione in libreria (27%), le raccomandazioni di amici (25%), le recensioni su siti web (22%) e quelle su giornali o riviste (20%), il dato cambia nella Generazione Z che si appoggia a fonti diverse. Rimangono sempre le recensioni su siti web (23%), le raccomandazioni di amici (23%) e dei familiari (21%) mentre scendono notevolmente sotto la media nazionale le esposizioni in libreria (17% contro il 27% della media nazionale), le recensioni in libreria (6% contro il 15% nazionale), i consigli del libraio (7% contro il 13% nazionale), evidenziando forse una difficoltà di rapporto tra gli under25 rispetto le librerie. Da rilevare anche una bassa influenza dei suggerimenti televisivi (8% contro il 12% della media nazionale), collegata forse a una scarsa fruizione della tv tradizionale da parte delle fasce più giovani. Anche il rapporto con le biblioteche è complesso per la Generazione Z: solo il 45% infatti ritiene utile sostenerle per il futuro del Paese; il dato raggiunge il 70% nella media nazionale.

Come dormono gli italiani? 

Come si dorme in Italia? Non in modo completamente sano e sereno. Il 17 marzo di ogni anno viene celebrato il World Sleep Day, un evento promosso dalla World Sleep Society in tutto il mondo e dall’Associazione Italiana di Medicina del Sonno in Italia. La giornata ha come obiettivo quello di sensibilizzare l’opinione pubblica sulla salute del sonno e l’importanza che questo gioca nel benessere fisico, mentale e sociale di una persona. Dormire bene è un comportamento fondamentale per il benessere, proprio come mangiare sano e fare esercizio fisico. In occasione di questa ricorrenza, il team Public Affairs di Ipsos ha condotto un sondaggio per indagare i comportamenti e le abitudini relative al sonno in Italia. Secondo i risultati del sondaggio, circa la metà delle persone dorme tra le 7 e le 8 ore a notte, mentre il 44% dichiara di soffrire o di aver sofferto in passato di uno o più disturbi del sonno.

No a tablet e TV per un dolce sonno

Gli esperti sconsigliano l’uso di dispositivi come smartphone, tablet e computer poco prima di addormentarsi e di evitare di dormire con la televisione accesa, poiché la luce emessa da questi schermi influisce sul ritmo circadiano, confondendo l’orologio biologico interno. Tuttavia, il sondaggio ha rivelato che quattro persone su dieci guardano la Tv/Film/Serie tv prima di dormire, mentre una su tre utilizza smartphone o tablet. In particolare, sono i membri della Generazione Z e i Millennials ad utilizzare prevalentemente dispositivi elettronici. Per quanto riguarda la quantità di ore di sonno per notte, il sondaggio ha evidenziato che quasi la metà delle persone dorme tra le 7 e le 8 ore, mentre un terzo dorme tra le 5 e le 6 ore, di cui quasi la metà sono i cosiddetti Boomers.

I disturbi della notte

Il World Sleep Day ha anche l’obiettivo di sensibilizzare sulla cattiva qualità e quantità del sonno e i possibili disturbi ad essa correlati, tra cui insonnia, sonnambulismo, paralisi del sonno e apnee notturne. Secondo il sondaggio di Ipsos, quasi la metà dell’opinione pubblica soffre o ha sofferto di disturbi del sonno, di cui il 49% delle donne e il 38% degli uomini. L’insonnia sembra essere il disturbo più comune, soprattutto tra studenti, pensionati e lavoratori autonomi, seguita da tachicardia, attacchi di ansia e/o di panico notturni, più frequente tra disoccupati e dipendenti.

I rimedi della buonanotte

Tra quanti soffrono o hanno sofferto di disturbi del sonno, la maggioranza attribuisce la causa ad ansia, stress e preoccupazioni. Tra i rimedi utilizzati o citati, due persone su cinque hanno indicato le tisane rilassanti, mentre altri rimedi includono lo svolgimento di attività come la lettura, la camminata o la cucina e la melatonina. In conclusione, il World Sleep Day è una giornata importante per sensibilizzare l’opinione pubblica sulla salute del sonno e l’importanza che questo ha per il benessere in generale.

L’Italia è post-populista e malinconica. Perchè?

La società italiana entra nel ciclo del post-populismo, e alle vulnerabilità economiche e sociali strutturali ora si aggiungono gli effetti delle crisi dell’ultimo triennio: pandemia, guerra, inflazione, morsa energetica.
Si levano quindi istanze di equità non più liquidabili come ‘populiste’. Per il 92,7% degli italiani l’impennata dell’inflazione durerà a lungo, per il 69,3% il proprio tenore di vita si abbasserà, e il 64,4% sta intaccando i propri risparmi. Cresce perciò la ripulsa verso privilegi ritenuti odiosi, con effetti divisivi. Per l’87,8% sono insopportabili le differenze eccessive tra le retribuzioni dei dipendenti e dirigenti, per l’84,1% le tasse troppo esigue pagate dai giganti del web, per l’81,5% i facili guadagni degli influencer. Ma non si registrano fiammate conflittuali o mobilitazioni collettive. E alle ultime elezioni il primo partito è stato quello dei non votanti, quasi 18 milioni, il 39% degli aventi diritto.

Una nuova età dei rischi

Il tradizionale intreccio lineare ‘lavoro-benessere-economico-democrazia’ non funziona più. Si è sedimentata la convinzione che tutto può accadere, anche l’indicibile. L’84,5% degli italiani è convinto che eventi geograficamente lontani possano cambiare improvvisamente la quotidianità e stravolgere i destini. Il 61,1% teme che possa scoppiare un conflitto mondiale, il 58,8% che si ricorra all’arma nucleare, il 57,7% che l’Italia entri in guerra.
Oggi il 66,5% degli italiani (+10% vs 2019) si sente insicuro. I principali rischi globali percepiti sono guerra (46,2%), crisi economica (45,0%), virus letali e nuove minacce biologiche (37,7%), instabilità dei mercati internazionali (26,6%), eventi atmosferici catastrofici (24,5%), e attacchi informatici su vasta scala (9,4%).

Si inceppano i meccanismi proiettivi

Quella del 2022 però non sembra un’Italia sull’orlo di una crisi di nervi, anche se i meccanismi proiettivi tipici della società dei consumi, che in passato spingevano a fare sacrifici per modernizzarsi e arricchirsi, hanno perso la capacità di orientare i comportamenti collettivi. Gli italiani non sono più disposti a fare sacrifici, il 36,4% nemmeno per fare carriera e guadagnare di più. Pensando a pandemia, guerra e crisi ambientale l’89,7% degli italiani prova tristezza.
È la malinconia a definire oggi il carattere degli italiani, un sentimento corrispondente alla coscienza della fine del dominio onnipotente ‘dell’io’ sugli eventi e sul mondo.

Il senso di insicurezza

Al vertice delle insicurezze personali c’è il rischio di non autosufficienza e invalidità (53,0%), il 51,7% degli italiani teme di rimanere vittima di reati, il 47,7% non è sicuro di poter contare su redditi sufficienti in vecchiaia, il 47,6% ha paura di perdere il lavoro, e il 42,1% di dover pagare di tasca propria prestazioni sanitarie impreviste. Eppure, oggi siamo il Paese statisticamente più sicuro di sempre. Dal 2012 i crimini più efferati sono diminuiti del -42,4%, le rapine del -48,2%, i furti nelle abitazioni del -47,5%, i furti di autoveicoli del -43,7%.
Nell’ultimo decennio sono aumentate solo alcuni reati, violenze sessuali (+12,5%), estorsioni (+55,2%), truffe informatiche (+152,3%).